Utilizziamo i cookie per migliorare il nostro sito ed aiutare a fornire i nostri servizi. I cookie impiegati per il funzionamento essenziale del sito sono già stati impostati.

Arti Marziali

L'etica marziale

Definizione  di Bujutsu e le sue specializzazioni.

La parola Bujutsu viene usata per rappresentare tutte quelle specializzazioni dell’arte del combattimento.

Il termine “Bu” in Bujutsu, veniva usato già nei documenti antichi Giapponesi  per denotare la dimensione militare  per distinguerla dalla dimensione pubblica “Ko”o da quella civile “Bun”.In combinazione con “Jutsu”, che può essere tradotto letteralmente <tecnica>, <arte>o <metodo>,“Bu” è usato per rapresentare la tecnica o le tecniche militari.

La storia e la tradizione dell’arte del combattimento orientale, in particolare in Okinawa (isola anticamente Cinese, oggi Giapponese), si concretizza in varie forme, armi e metodi. Ogni specializzazione, arte o metodo, era conosciuta, come accennato sopra, con il nome di “Jutsu”.
Ogni arte ha sviluppato procedure che si distinguono da altre.
Nell’Arte Marziale  di Okinawa nel suo contesto, ogni specializzazione consiste in metodo sistematico di combattimento a mano nuda e con armi, per portare alla resa dell’avversario.
Le Arti Marziali predominanti  erano il Ju-jutsu e il Karate-Jutsu.

Il termine “Ju” in Ju-Jutsu significa elasticità, cedevolezza, cioè l'arte dell’elasticità per controllare o sconfiggere un avversario. La nascita del Ju-Jutsu avviene intorno al 1600, come citato da testi quali il Bugei Shogen od il Kenpo Isho.

Il termine “karate” (kenpo - mano cinese) significa mano vuota o nuda che identifica il combattimento senza armi. Anche per il karate la sua nascita si data intorno al 1600.

Le circostanze che contribuirono alla nascita ed allo sviluppo di queste due Arti Marziali primarie, sono sicuramente da ricercarsi nella necessità di difendersi senza l'uso delle armi: vigeva all'epoca una netta separazione tra le classi sociali e soprattutto tra la classe militare ed il popolo; a quest'ultima era infatti imposto il divieto di portare armi di alcun genere.

Tutti i praticanti di queste arti marziali sanno che il Ju-Jutsu, come il karate-Jutsu, creato e sviluppato nell’isola di Okinawa, sono  sempre state un sistema globale di combattimento che solo in mancanza di armi vere e proprie ricorrevano a quelle del corpo umano.
Un metodo di combattimento senz’armi rappresenta un modo sistematico e ingegnoso di impiegare il corpo umano per raggiungere gli stessi scopi strategici ottenibili con l’uso delle armi. Questi due metodi richiedevano e richiedono che il corpo venisse usato in modo funzionale e destinati ad ottenere il controllo dell’avversario e ad evitare di essere sconfitti. Questi metodi consistono nell’usare il corpo umano come  un’arma per proiettare un avversario a terra, immobilizzandolo o colpendolo, e usare il corpo difensivamente per evitare di diventare il bersaglio dell’attacco di un altro.

L’aspetto armato di queste Arti Marziali è conosciuto anche come Kobu-jutsu.
La scelta del tipo di armi è stata influenzata soprattutto da alcuni decreti del quindicesimo e diciassettesimo secolo, che proibivano agli abitanti di utilizzare le armi convenzionali. Gli isolani sostituirono alle spade e alle lance degli attrezzi di uso comune, che chiunque poteva portare con se senza timore di venire arrestato.


Il Ju-Jutsu e il Karate-Jutsu senza armi e quello con le armi, si svilupparono parallelamente. Non si tratta di due discipline marziali diverse, ma di due aspetti della medesima Arte di Difesa.
I principi  fisici e psicologici sono gli stessi, come è lo stesso il tipo di allenamento e uguali le posizioni; varia solo il modo di maneggiare l’arma, considerata un prolungamento del corpo.
Al fine della Difesa Personale, l’uso delle armi ha lo scopo di potenziare e quindi rendere molto più efficaci le tecniche eseguite a mani nude.
Chi conosce le tecniche fondamentali del Kobu-jutsu è in grado di trasformare qualsiasi oggetto della vita di ogni giorno, come per esempio un mazzo di chiavi, una penna, un ombrello, una sciarpa, ecc., in un arma di auto difesa.

 

Quali sono le armi del kobu-jutsu?
Sono armi che erano costituite da attrezzi usati dagli agricoltori e dai pescatori di Okinawa.

Ricordiamo brevemente le principali:

Una specializzazione di combattimento con un allenamento costante, portava (e porta) ad un affinamento e miglioramento  del metodo principale, adattandolo alle necessità ed all’evoluzione della società fino a diventare un metodo indipendente e individuale. Già  nel Giappone feudale troviamo la trasmissione e l’applicazione delle tecniche di combattimento individuale nelle varie forze di Polizia e nelle loro dirette controparti nel mondo della malavita. Ogni Provincia aveva il suo corpo di Polizia, la cui funzione principale era far rispettare la legge e l’ordine entro i confini del proprio territorio (Polizia Locale). Tale funzione si riferiva, come oggi, al controllo sui cittadini, sui viaggiatori e ai forestieri. Queste forze di Polizia Locale, ieri come oggi, cercavano di prevenire e di neutralizzare la criminalità  che poteva alterare l’organizzazione e il  funzionamento  dell’unità provinciale. E’ ampiamente documentato che gli ufficiali di Polizia feudale ed i loro collaboratori, dedicavano molto tempo e molto impegno al perfezionamento delle tecniche di combattimento  al maneggio delle armi e alle tecniche direttamente legate alla tutela della legge contro i criminali che, per la maggior parte, erano armati. I collaboratori di Polizia avevano il compito di cercare di arrestare i cittadini, possibilmente senza far loro del male. Perciò è appunto in relazione alle forze di Polizia dell’antico Giappone che conosciamo il Jitte, un bastone metallico uncinato, della lunghezza di circa 50 cm, ed il suo utilizzo “Jitte-Jutsu” era quello di neutralizzare senza l’uso dell’arma primaria, la spada, gli attacchi  di  coltelli, di bastoni e quanto di altro era atto ad offendere. Il maneggio e le tecniche  di questo strumento, molto simili al bastone corto, Sho-Bo, aveva come scopo primario quello di impedire i movimenti, paralizzare momentaneamente e immobilizzare i criminali.

M° Alberto Borella

Pubblicato in Chi siamo e cosa abbiamo fatto...

Stampa